Il Regno Unito ha appena varcato la soglia dei 1000Mw di potenza eolica installata in mare: solo nel primo trimestre del 2010, il settore privato inglese ha investito quasi 600 milioni di euro nel business del vento, riporta l'associazione Renewable UK.
Di fronte a questi dati una cosa è chiara: i paesi che aveva iniziato per primi di scommettere su questo tipo di energia rinnovabile, come Spagna e Portogallo, sono rimasti indietro. La colpa è delle scadenze burocratiche. Se la media europea per l'autorizzazione a costruire un mulino a vento in mare è di 42 mesi, in Spagna si parla di 57, e in Portogallo 58. L'Italia è ancora molto indietro sull'eolico: infatti non esiste, come per le energie solari, una legge quadro che governi la questione dall'alto. Questo impedisce sia il controllo, che lo sviluppo del settore.
A volte Kyoto funziona?
Le cifre britanniche vanno di pari passo con un calo dell8,9% delle emissioni di CO2 nel 2009, secondo il dipartimento dei cambiamenti climatici nel Regno Unito. L'ex (ormai) Ministro dell'Energia, Joan Ruddock, dice di aver convinto il suo Paese a raggiungere gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto per il 2012: riduzione del 12,5% delle emissioni di CO2 rispetto ai loro livelli di emissione 1990. La crisi economica sta giocando a favore di questa tendenza in tutti i paesi dell'Ue, che hanno ridotto in maniera significativa le loro attività industriali. Una relazione presentata due settimane fa al Parlamento europeo dalla lobby EREC, sostiene che è possibile che nel 2050 tutta l'energia primaria prodotta in Europa arrivi da fonti rinnovabili. Per i ricercatori di EREC, la domanda di energia rinnovabile entro il 2020 raggiungerà il 10%, per arrivare al 18% nel 2030 e al 41% nel 2050. Il tutto, soprattuto, attraverso lo sviluppo di energia eolica e fotovoltaica. Se questa previsione fosse vera, comporterebbe un risparmio di circa cinque miliardi di euro dal 2050.
Fernando Navarro Sordo
Europa451
Di fronte a questi dati una cosa è chiara: i paesi che aveva iniziato per primi di scommettere su questo tipo di energia rinnovabile, come Spagna e Portogallo, sono rimasti indietro. La colpa è delle scadenze burocratiche. Se la media europea per l'autorizzazione a costruire un mulino a vento in mare è di 42 mesi, in Spagna si parla di 57, e in Portogallo 58. L'Italia è ancora molto indietro sull'eolico: infatti non esiste, come per le energie solari, una legge quadro che governi la questione dall'alto. Questo impedisce sia il controllo, che lo sviluppo del settore.
A volte Kyoto funziona?
Le cifre britanniche vanno di pari passo con un calo dell8,9% delle emissioni di CO2 nel 2009, secondo il dipartimento dei cambiamenti climatici nel Regno Unito. L'ex (ormai) Ministro dell'Energia, Joan Ruddock, dice di aver convinto il suo Paese a raggiungere gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto per il 2012: riduzione del 12,5% delle emissioni di CO2 rispetto ai loro livelli di emissione 1990. La crisi economica sta giocando a favore di questa tendenza in tutti i paesi dell'Ue, che hanno ridotto in maniera significativa le loro attività industriali. Una relazione presentata due settimane fa al Parlamento europeo dalla lobby EREC, sostiene che è possibile che nel 2050 tutta l'energia primaria prodotta in Europa arrivi da fonti rinnovabili. Per i ricercatori di EREC, la domanda di energia rinnovabile entro il 2020 raggiungerà il 10%, per arrivare al 18% nel 2030 e al 41% nel 2050. Il tutto, soprattuto, attraverso lo sviluppo di energia eolica e fotovoltaica. Se questa previsione fosse vera, comporterebbe un risparmio di circa cinque miliardi di euro dal 2050.
Fernando Navarro Sordo
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