"Prova a immaginare: tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai, potrebbe essere stato arrestato nello stato di arrivo che non prevede che si possa arrivare semplicemente partendo e che per questo arresta quelli che arrivano mettendoli nei centri di detenzione o in prigione. Aspetti qualche giorno, guardi immagini alla televisione del luogo in cui potrebbe essere arrivato, per sperare di vederlo. Capisci anche che tuo figlio o tuo fratello non è l’unico a non aver telefonato dopo essere partito. Insieme alle altre famiglie chiedi allora alle autorità del tuo paese di informarsi, di capire se sono tutti in qualche carcere, speri che lo siano anche se temi che non vengano trattati bene. Ma le autorità non fanno nulla, non chiedono e non ti ascoltano, per mesi. Tu nel frattempo fai presidi, manifestazioni, parli con i rappresentanti di alcune associazioni, con i giornalisti, porti la foto di tuo figlio o di tuo fratello ovunque, ti affidi a ogni persona che viene dall’altro paese, le dai le foto, la data di nascita, le impronte digitali. Vuoi sapere. Ma non accade nulla e cominci a immaginare: potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia" (Dall'appello per i migranti tunisini dispersi).
Ormai è passato un anno da quando il regime di Ben Ali è caduto in Tunisia. E dopo un anno è sorto un altro problema: quello delle persone disperse. In migliaia hanno lasciato la Tunisia dopo il 14 gennaio 2011: quasi tutti sono arrivati in Italia, facendo almeno una tappa a Lampedusa.
All'epoca fu l'emergenza: Lampedusa invasa, la stagione turistica saltata, immigrati spostati in campi creati ad hoc in tutto il Paese, incidenti diplomatici in Europa perché nessuno voleva queste persone. Oggi, di coloro che hanno attraversato il mare, in 1000 circa mancano all'appello.
E per ritrovare queste mille persone esiste un comitato, nato da alcune delle famiglie dei ragazzi tunisini dispersi. Le famiglie hanno chiesto, senza risultati per ora, che il Governo di Tunisi intervenga presso quello italiano affinché si faccia il possibile per rintracciare queste persone, utilizzando le impronte digitali che vengono prese durante la registrazione a tutti coloro che sbarcano in Italia.
L'appello si può leggere qui (in italiano, francese, arabo e inglese).
In Italia questa iniziativa è supportata da una campagna “Da una sponda all'altra: vite che contano - Dove sono i nostri figli?”, sostenuta da diverse realtà: Associazione Pontes dei Tunisini in Italia, gruppo Le Venticinqueundici (Milano), Teatro della Cooperativa, gruppo Tunisia Libera di Tunisi, gruppo Tunisini di Parma e ZaLab.
Dei mille scomparsi si sa poco: che sono partiti e che sono arrivati probabilmente (da foto, riprese televisive, video registrati o dal racconto di altri che erano con loro in viaggio). Questo perché non è possibile accedere ai registri dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) che, fino a dicembre scorso erano chiusi alla stampa a causa della circolare 1305, emanata dall'ex Ministro Maroni (lo spiega qui Fortesse Europe).
Domani, martedì 10 gennaio, è prevista una prima iniziativa a Milano (qui). Il 14 gennaio prossimo, primo anniversario della Rivoluzione, si terrà invece un presidio davanti al Consolato tunisino a Milano. Chi fosse interessato a partecipare può contattare l'associazione Pontes scrivendo a [email protected].
Francesca Barca
Europa451
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