Ieri sono stati aperti i negoziati per l'adesione dell'Islanda all'Unione europea. La domanda di Reykjavik è stata depositata nel luglio del 2009, qualche tempo dopo la crisi finanziaria che ha devastato il Paese. Da allora la Commissione sembra piuttosto interessata a far avanzare il dossier, anche se i problemi che allontanano l'isola dall'Ue persistono e che i sondaggi non danno gli islandesi come euro-entusiasti.
Uscendo dalla riunione di Bruxelles tra i Ministri agli Affari europei, il francese Pierre Lelouche, ha dichiarato: «Bisogna aver voglia di entrare in Europa e, a giudicare dai sondaggi, non mi pare che sia il caso degli islandesi. Il problema è tutto qui». Dopo la crisi finanziaria della fine del 2008 e il crollo della moneta, il Governo islandese vede nell'euro un mezzo per stabilizzare la sua economia. Cristallina, da questo punto di vista, la dichiarazione di Össur Skarphéðinsson, Ministro degli esteri islandese, all'inizio di luglio: «Se l'Islanda avesse fatto parte dell'Ue, per non dire della zona euro, la crisi e il crollo delle banche non avrebbero mai avuto luogo».
La pesca e le banche
Le negoziazioni, che affronteranno una trentina di capitoli, si annunciano problematiche sui temi che già da un po' sono “caldi”: la pesca e l'agricoltura. L'Islanda, infatti, ha cercato in tutti i modi di mantenere indipendente la sua attività peschiera, sopratutto per quanto riguarda la pesca al merluzzo e alla balena, quest'ultima vietata in Ue. Altro problema, quello della banca Icesave, che ha costato all'Islanda degli screzi con la Gran Bretagna e l'Olanda: i clienti britannici e olandesi di questo istituto sono stati seriamente danneggiati durante la crisi finanziaria, ma i danni sono stati coperti dai rispettivi Paesi, che stanno ancora aspettando un rimborso.
Ciononostante pare che la Commissione abbia particolarmente a cuore il dossier islandese, che potrebbe diventare il 29simo Paese dell'Ue, dopo la Croazia, la cui entrata è prevista per fine 2011 o inizio 2012. I dossier aperti al momento sono parecchi, soprattutto sul versante balcanico. La Turchia è sempre in attesa, così come la Repubblica di Macedonia. Altri cinque sono in stand by, anche se si tratterà di attese più lunghe: l'Albania, la Bosnia Erzegovina, il Montenegro, la Serbia e il Kosovo.
Solo il 25% degli islandesi è favorevole
Sicuramente per l'Islanda è tutto molto più facile: Reykjavik fa parte del mercato comune da quindici anni, è all'interno dei Schengen e l'isola già applica tre quarti delle leggi europee necessarie per l'adesione. Il problema pare che sia, al momento, il consenso dei suoi cittadini, che non sembrano entusiasti all'idea. Si potrebbero ripetere i casi di Svizzera e Norvegia, i cui cittadini non hanno accettato l'entrata nell'Ue che i Governi hanno più volte loro proposto. Per questo Pier Lelouche ha ieri più volte insistito: «Siamo molto favorevoli all'entrata dell'Islanda. Ma deve essere come per tutti gli altri, senza scorciatoia. E a condizione che gli islandesi siano interessati. Non obbligheremo nessuno». Secondo un sondaggio realizzato in giugno da Market and Media Research quasi il 60% degli islandesi vorrebbero che il Governo ritiri la sua domanda di adesione, mentre solo il 25% sarebbe favorevole.
Interessante la testimonianza di Michel Sallé, specialista dell'Islanda contemporanea e Presidente dell'associazione France-Islande: intervistato dal quotidiano Le Monde nel maggio del 2009. Già oltre un anno fa l'uomo spiegava che quello che gli islandesi vorrebbero è “un'euro senza Ue” - un po' il contrario della Gran Bretagna, ndr – e che il Governo di Reykjavik ha già tentato questa strada: «Hanno più volte depositato la domanda alla Banca Centrale europea, ottenendo un rifiuto. L'ultima volta nell'ottobre (2008) il partito dell'Indipendenza (conservatore), al potere al momento della crisi economica, ha lanciato l'idea. Un altro rifiuto».
Francesca Barca
Europa451
Uscendo dalla riunione di Bruxelles tra i Ministri agli Affari europei, il francese Pierre Lelouche, ha dichiarato: «Bisogna aver voglia di entrare in Europa e, a giudicare dai sondaggi, non mi pare che sia il caso degli islandesi. Il problema è tutto qui». Dopo la crisi finanziaria della fine del 2008 e il crollo della moneta, il Governo islandese vede nell'euro un mezzo per stabilizzare la sua economia. Cristallina, da questo punto di vista, la dichiarazione di Össur Skarphéðinsson, Ministro degli esteri islandese, all'inizio di luglio: «Se l'Islanda avesse fatto parte dell'Ue, per non dire della zona euro, la crisi e il crollo delle banche non avrebbero mai avuto luogo».
La pesca e le banche
Le negoziazioni, che affronteranno una trentina di capitoli, si annunciano problematiche sui temi che già da un po' sono “caldi”: la pesca e l'agricoltura. L'Islanda, infatti, ha cercato in tutti i modi di mantenere indipendente la sua attività peschiera, sopratutto per quanto riguarda la pesca al merluzzo e alla balena, quest'ultima vietata in Ue. Altro problema, quello della banca Icesave, che ha costato all'Islanda degli screzi con la Gran Bretagna e l'Olanda: i clienti britannici e olandesi di questo istituto sono stati seriamente danneggiati durante la crisi finanziaria, ma i danni sono stati coperti dai rispettivi Paesi, che stanno ancora aspettando un rimborso.
Ciononostante pare che la Commissione abbia particolarmente a cuore il dossier islandese, che potrebbe diventare il 29simo Paese dell'Ue, dopo la Croazia, la cui entrata è prevista per fine 2011 o inizio 2012. I dossier aperti al momento sono parecchi, soprattutto sul versante balcanico. La Turchia è sempre in attesa, così come la Repubblica di Macedonia. Altri cinque sono in stand by, anche se si tratterà di attese più lunghe: l'Albania, la Bosnia Erzegovina, il Montenegro, la Serbia e il Kosovo.
Solo il 25% degli islandesi è favorevole
Sicuramente per l'Islanda è tutto molto più facile: Reykjavik fa parte del mercato comune da quindici anni, è all'interno dei Schengen e l'isola già applica tre quarti delle leggi europee necessarie per l'adesione. Il problema pare che sia, al momento, il consenso dei suoi cittadini, che non sembrano entusiasti all'idea. Si potrebbero ripetere i casi di Svizzera e Norvegia, i cui cittadini non hanno accettato l'entrata nell'Ue che i Governi hanno più volte loro proposto. Per questo Pier Lelouche ha ieri più volte insistito: «Siamo molto favorevoli all'entrata dell'Islanda. Ma deve essere come per tutti gli altri, senza scorciatoia. E a condizione che gli islandesi siano interessati. Non obbligheremo nessuno». Secondo un sondaggio realizzato in giugno da Market and Media Research quasi il 60% degli islandesi vorrebbero che il Governo ritiri la sua domanda di adesione, mentre solo il 25% sarebbe favorevole.
Interessante la testimonianza di Michel Sallé, specialista dell'Islanda contemporanea e Presidente dell'associazione France-Islande: intervistato dal quotidiano Le Monde nel maggio del 2009. Già oltre un anno fa l'uomo spiegava che quello che gli islandesi vorrebbero è “un'euro senza Ue” - un po' il contrario della Gran Bretagna, ndr – e che il Governo di Reykjavik ha già tentato questa strada: «Hanno più volte depositato la domanda alla Banca Centrale europea, ottenendo un rifiuto. L'ultima volta nell'ottobre (2008) il partito dell'Indipendenza (conservatore), al potere al momento della crisi economica, ha lanciato l'idea. Un altro rifiuto».
Francesca Barca
Europa451