Jéan-Sébastien Lefebvre, giornalista specializzato in questioni europee e Loup Besmond de Senneville, redattore di Euroactiv.fr ci spiegano cos'è e a cosa serve essere un giornalista europeo.
Non capiamo le osservazioni o le esclamazioni dei nostri interlocutori quando presentiamo la nostra professione: «Giornalista europeo» o «giornalista specializzato nelle questioni europee». Queste osservazioni che riceviamo si possono dividere in due categorie.
La prima corrisponde allo stupore che un ambito del genere possa essere oggetto di un interesse particolare, visto che è quasi totalmente assente dal panorama mediatico: «Ah, dei giornalisti specializzati in questioni europee... ne esistono?»
Oppure l'espressione, che somiglia più a un sospiro: «Ah... interessante», per poi passare velocemente ad un altro argomento.
Senza dimenticare tua cugina, che ad ogni cena di Natale se ne esce con «Emm... non ho mai capito esattamente cosa fai...».
La seconda è, invece, piuttosto, generale, va sul: «Aaaah l’Europa. Ormai è diventata uno schifo. Bruxelles e i politici... non fa per voi». E, invece, fa proprio per noi. Questa osservazione mostra anche un'altra cosa: la disastrosa immagine che l'Ue ha su chi ci lavora. Agli occhi di molti noi non siamo che dei complici nascosti sotto una tessera da giornalista.
Siamo giovani giornalisti che hanno fatto la scelta deliberata di questa professione: non è stata la militanza a portarci dove siamo oggi. La nostra missione resta il dovere d'informazione. Che differenza c'è tra un giornalista specializzato in economia, in politica nazionale e noi? Nessuna. Siamo degli specialisti che vogliono essere al servizio di tutti, esattamente come gli altri.
Come tutti, abbiamo le nostre idee, ma non sono certo queste ultime a guidare il nostro lavoro. Che l'Europa sia federale, confederale o delle nazioni, tutto questo è secondario nel nostro lavoro quotidiano. Questo dibattito non riguarda certo noi più degli altri: è di competenza degli uomini politici e dei cittadini. Qualunque siano le decisioni prese, noi siamo qui per informare.
Per un giornalista l'Unione europea è una grande sfida. Il giornalista, in qualche modo, è colui che spiega, che mette in luce, che racconta e che contestualizza: da questo punto di vista l'Europa è il cliente perfetto. C'è qualcosa di più complicato? Oggi l'Ue è una realtà. Nel processo di costruzione europea è diventata una luogo di potere reale, con delle competenze e la capacità di determinare la vita di milioni di cittadini e delle nostre democrazie nazionali. Questo basterebbe a giustificare la presenza di giornalisti che raccontino la storia europea.
Un potere, senza dei giornalisti che lo scrutano, che fanno domande e che lo obbligano alla trasparenza, sarebbe votato all'autodistruzione. L'Unione europea ha bisogno dei suoi giornalisti, come ha bisogno di funzionari, deputati, esperti, lobbysti e cittadini.
L'Ue è noiosa? Forse, probabilmente. E allora? Questo rende la sfida più grande. Se il lettore non viene da noi andremo a cercarlo. Pensa che Bruxelles non lo riguardi? Dimostriamo il contrario. Pensa di non avere influenza sulle decisioni dell'Ue? Spieghiamogli che non è vero, perché possa manifestare la sua volontà prima dell'adozioni di un testo.
Il lavoro di giornalista non consiste nel trattare solo quello che potrebbe piacere al lettore. Abbiamo, al contrario, il dovere di sorprendere. Nessuno si interessa all'Europa per amore dell'Europa.
Jéan-Sébastien Lefebvre e Loup Besmond de Senneville
Qui l'articolo nei rispettivi blog degli autori:
L’expérience européenne e Lb2s
Non capiamo le osservazioni o le esclamazioni dei nostri interlocutori quando presentiamo la nostra professione: «Giornalista europeo» o «giornalista specializzato nelle questioni europee». Queste osservazioni che riceviamo si possono dividere in due categorie.
La prima corrisponde allo stupore che un ambito del genere possa essere oggetto di un interesse particolare, visto che è quasi totalmente assente dal panorama mediatico: «Ah, dei giornalisti specializzati in questioni europee... ne esistono?»
Oppure l'espressione, che somiglia più a un sospiro: «Ah... interessante», per poi passare velocemente ad un altro argomento.
Senza dimenticare tua cugina, che ad ogni cena di Natale se ne esce con «Emm... non ho mai capito esattamente cosa fai...».
La seconda è, invece, piuttosto, generale, va sul: «Aaaah l’Europa. Ormai è diventata uno schifo. Bruxelles e i politici... non fa per voi». E, invece, fa proprio per noi. Questa osservazione mostra anche un'altra cosa: la disastrosa immagine che l'Ue ha su chi ci lavora. Agli occhi di molti noi non siamo che dei complici nascosti sotto una tessera da giornalista.
Siamo giovani giornalisti che hanno fatto la scelta deliberata di questa professione: non è stata la militanza a portarci dove siamo oggi. La nostra missione resta il dovere d'informazione. Che differenza c'è tra un giornalista specializzato in economia, in politica nazionale e noi? Nessuna. Siamo degli specialisti che vogliono essere al servizio di tutti, esattamente come gli altri.
Come tutti, abbiamo le nostre idee, ma non sono certo queste ultime a guidare il nostro lavoro. Che l'Europa sia federale, confederale o delle nazioni, tutto questo è secondario nel nostro lavoro quotidiano. Questo dibattito non riguarda certo noi più degli altri: è di competenza degli uomini politici e dei cittadini. Qualunque siano le decisioni prese, noi siamo qui per informare.
Per un giornalista l'Unione europea è una grande sfida. Il giornalista, in qualche modo, è colui che spiega, che mette in luce, che racconta e che contestualizza: da questo punto di vista l'Europa è il cliente perfetto. C'è qualcosa di più complicato? Oggi l'Ue è una realtà. Nel processo di costruzione europea è diventata una luogo di potere reale, con delle competenze e la capacità di determinare la vita di milioni di cittadini e delle nostre democrazie nazionali. Questo basterebbe a giustificare la presenza di giornalisti che raccontino la storia europea.
Un potere, senza dei giornalisti che lo scrutano, che fanno domande e che lo obbligano alla trasparenza, sarebbe votato all'autodistruzione. L'Unione europea ha bisogno dei suoi giornalisti, come ha bisogno di funzionari, deputati, esperti, lobbysti e cittadini.
L'Ue è noiosa? Forse, probabilmente. E allora? Questo rende la sfida più grande. Se il lettore non viene da noi andremo a cercarlo. Pensa che Bruxelles non lo riguardi? Dimostriamo il contrario. Pensa di non avere influenza sulle decisioni dell'Ue? Spieghiamogli che non è vero, perché possa manifestare la sua volontà prima dell'adozioni di un testo.
Il lavoro di giornalista non consiste nel trattare solo quello che potrebbe piacere al lettore. Abbiamo, al contrario, il dovere di sorprendere. Nessuno si interessa all'Europa per amore dell'Europa.
Jéan-Sébastien Lefebvre e Loup Besmond de Senneville
Qui l'articolo nei rispettivi blog degli autori:
L’expérience européenne e Lb2s